Umberto Galimberti Ezio Mauro Fondata Sulla Corruzione

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Sinopsis

La fiera dei sepolcri imbiancati. Non si è forse udito per anni l’ex timoniere della cosiddetta “macchina della conoscenza” Ezio Mauro strillare che “il giornale ha il comandamento delle notizie”? Eppure, sull’attività plagiatoria della “grande firma” Galimberti, l’ex dir. di Repubblica, notorio paladino della libertà d’informazione, non si è mai degnato di darne notizia ai lettori, benché già a maggio 2006 Galimberti abbia subito una “condanna per plagio”, proprio in merito a un articolo pubblicato su Repubblica, che dal 1995 il filosofo ladrone ha usato come un’oliata “macchina della frode”, pubblicando articoli frutto di plagi, e col consenso del dir. Ezio Mauro, ri-usati poi per fabbricare libri-frode, come per es.: I vizi capitali e i nuovi vizi, Le cose dell’amore, L’ospite inquietante, ecc. Eppure, a fronte della “Legge bavaglio”, non fu forse il dir. Mauro uno dei più pugnaci avversari, proclamando: “Ci lascino la libertà di informare i cittadini, altrimenti ce la conquisteremo”? [La Repubblica 24.05.2010], e però, lo stesso dir. Mauro non si fece scrupolo alcuno di “mettere il bavaglio” alla notizia che Galimberti è un ladrone e impostore, fregandosene che “la corruzione nell’ambito morale equivale a depravazione, immoralità, azioni contrarie al dovere” [C. Galli La Repubblica 27.02.2011], e disprezzando quindi deliberatamente il “suo dovere” d’informare i cittadini sull’attività fraudolenta della “grande firma” della Repubblica delle idee. E fu ancora il Mauro a predicare che il suo sarebbe un “giornalismo che aiuta a decifrare la realtà” [La Repubblica 19.09. 2008], benché ad aprile 2008, cioè quando Galimberti fu accusato di plagio, non scrisse una riga sulle ruberie della “grande firma”. E pure G. D’Avanzo, che per C. Galli sarebbe “un esempio di critica di ciò che ancora serve e servirà all’Italia: il coraggio di smascherare la menzogna e la passione per la realtà e per la verità” [La Repubblica 02.03.2012], non scrisse una riga sul ladrone, mentre col prof. Antonio Villani il D’Avanzo fu impietoso, definendolo: “un copione, un mago del plagio” [La Repubblica 28.09.1993]. E pure lo spiritoso Merlo, che non mancò di riportare che il prof. Villani “salì in cattedra con l’inganno. Smascherato poco tempo fa per un saggio, ora è accusato di aver costruito l’intera carriera sul plagio” [F. Merlo Corriere della Sera 13.06.1993], traslocato a La Repubblica, non scrisse una riga sul ladrone Galimberti, che salì in cattedra con la frode. E passato il timone de La Repubblica da Mauro a Calabresi, l’impostore Galimberti è tuttavia rimasto al suo posto, seguitando a farneticare che “l’unica vera riforma utile alla scuola sarebbe l’abolizione del ruolo, perché quando un professore non sa motivare gli studenti, non sa comunicare e tanto meno affascinare non si può lasciarlo in cattedra per anni e anni, con l’unico risultato di demotivare gli studenti e renderli estranei a quel potenziale educativo che è la cultura” [D 23.12.2017].

Dunque, il ladrone Galimberti seguita da Repubblica a insultare gli insegnanti, lui che in cattedra ci montò con la frode, costruendo “l’intera carriera sul plagio”.